Altre visioni

Le mani il bacio e la ‘natura umana’

Ho già avuto occasione di richiamare  l’opera  (CLICCA QUI) di Ignace Meyerson relativamente al concetto di incompiutezza delle funzioni psicologiche. Ora vi voglio proporre un’ altro suo concetto  rintracciabile nel  libro “Psicologia storica” (I.Meyrson – Nistri-lisci1989) relativo all’arbitrarietà degli atti ed al loro essere  relativi a contesti sovra individuali.

 

Gli atti dell’uomo sono convenzionali: in relazione alla natura sono una creazione di secondo livello; tale creazione non avviene in un modo qualunque, ma secondo intenzioni comuni, convergenti o complementari. Gli atti dell’uomo non sono soltanto legati agli atti, agli stati ed alle acquisizioni del singolo: sono sempre legati, secondo una moltitudine di sistemi, a quelli degli altri uomini. Questo dà loro una “consistenza”, una esteriorità in relazione con gli impulsi dell’individuo, dei caratteri mediati, un’esistenza in un mondo che è altro, un posto in una gerarchia. La convenzione, nel senso ristretto, è un accordo esplicito tra volontà convergenti, ed in questa forma non interviene forse che per alcuni dei nostri atti. Ma in un senso più largo, di accordo implicito, essa definisce il livello umano di tutti i nostri atti: al gioco dei determinismi naturali ed a quello delle preferenze individuali aggiunge e soprattutto sostituisce determinazioni e preferenze collettive, non soltanto una regolazione, ma dei motivi. E il fatto che questi orientamenti convenzionali preesistano all’ individuo, che gli atti di questo partecipino, di conseguenza, a qualcosa che li supera, conferisce loro anche una esteriorità ed una esistenza, li «consolida»

Queta convenzionalità e quindi storicità, se scavata e analizzata, ci mostra i diversi modi di gestione da parte della “natura umana” dei fatti quotidiane, che tuttavia tale a volte appare (natura umana), solo perchè non ben osservata  nella sua mutevolezza e convenzionalità.

Per la parte delle nostre azioni che è organizzata fortemente, si ammette volentieri che determinazioni umane e collettive si mescolano alle determinazioni naturali e individuali. Ma si fa volentieri riserva di un settore, e si tende ad accordare alla convenzione solo quanto non si può, con evidenza un po’ eccessiva, attribuire alla natura. Un’analisi più attenta ci fa normalmente distinguere, attraverso la natura, l’artificio. Lo avvertiamo segnatamente quando, nelle stesse condizioni, appaiono forme diverse. Ci si sorprende talvolta, quando in montagna si percorrono valli tra loro immediatamente vicine, nel constatare che gli uomini non raccolgono il fieno alla Stessa maniera nelle une e nelle altre, non lo racchiudono in un’identica rete, non lo posano affatto nella stessa maniera sopra il mulo; le condizioni del lavoro sono identiche, ma c’è un minimo di tecnica locale e tradizionale; del pari per la costruzione delle case… Si deve generalizzare: la maniera di compiere un certo gesto non è diretta in modo rigido né dalla nostra natura biologica né dalla natura esterna. Per una serie di gesti la natura s’adatterebbe senza dubbio alla sinistra come alla destra; essa si adatta al fatto che dormiamo sul dorso o sul fianco, che camminiamo piantati all’indietro o piegati in avanti, etc. Ora tutti i gesti, in realtà, sono oggetto di una preferenza e di una convenzione. E quanto ha mostrato, tra gli altri, il lavoro di Mauss sulle tecniche del corpo. Ci sono, dice Mauss, maniere convenzionali e tradizionali di camminare, di nuotare, di mangiare, di dormire, di correre, di ballare, ecc… Le ragazze francesi avevano, fino a poco tempo fa, una maniera di camminare molto diversa da quella delle Americane; si son messe a camminare all’americana dietro l’influenza del cinema . C’è un tirocinio, un addestramento nelle tecniche del corpo — soprattutto notevole quando si tratta di tecniche che escono dalla normalità, come le discipline della respirazione nel taoismo o nello yoga. Una serie di studi aveva da tempo mostrato il carattere convenzionale e variabile attraverso la storia delle diverse specie di gesti sociali. Nella Grecia e in Roma antica,  i giovani non dovevano estrarre la mano dall’himation* per strada. Si denotava lo stupore levando le mani e girando le palme verso la persona o l’oggetto causa di stupore. Il gesto d’accoglienza era di toccare la mano o le dita, di toccare gli occhi o di colpire la spalla. Il bacio, d’origine persiana, si è generalizzato relativamente tardi in Oriente e in Grecia: un grammatico fa di Omero, nelle cui opere gli uomini si baciano, un Egiziano. Il bacio è stato strettamente regolamentato a Roma . Il gesto di offrire il braccio ad una dama era ancora sconosciuto sotto Luigi XIV. I Greci portavano per mano o, più spesso, per il pugno. Tali diversità di convenzione appaiono più fortemente ancora quando si esaminano i gesti dei non-civilizzati. Basterà qui un solo esempio, quello del saluto con il naso, del «Nasengrùss», ben descritto dagli etnografi tedeschi, forma di gesto d’accoglienza piuttosto diffusa, che va dalla Lapponia alla Groenlandia e dall’india alle isole di Pasqua: si respira, si aspira l’amico che si saluta; i montanari del nord dell’India non dicono: “baciami”, ma; “sentimi”

*    L’himation (in greco antico: ἱμάτιον) era un capo di abbigliamento dell’antica Grecia, che inizialmente veniva indossato dagli uomini sul chitone svolgendo il ruolo di un cappotto;[1][2] in seguito fu utilizzato da solo, svolgendo quindi le funzioni di chitone e di cappotto, e si introdusse il termine ἀχίτων (“achiton”) per indicare chi indossava solo l’himation.[3] Si portava sopra una spalla, ma, a differenza della clamide, non richiedeva di essere fissato tramite una fibula. (Wikipedia)

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