Conclusione da “La crisi della città. I primi sapienti” in “Le origini del pensiero greco” Editori riuniti 1976 (pag.110) – Titolo originale (Les origines de la pensée grecque -Paris 1962)
“Avvento della polis, nascita della filosofia. Tra i due ordini di fenomeni i legami sono troppo stretti perché il pensiero razionale non appaia, alle sue origini, solidale con le strutture sociali e mentali peculiari della città greca. Così reinserita nella storia, la filosofia abbandona quel carattere di rivelazione assoluta che talvolta le si è attribuito, salutando nella giovane scienza degli Ioni la ragione sovratemporale venuta ad incarnarsi nel Tempo. La scuola di Mileto non ha visto nascere la Ragione: ha costruito una Ragione, una, prima forma di razionalità. Questa ragione greca non è la ragione sperimentale. della scienza contemporanea, orientata verso l’esplorazione dell’ambiente fisico, .i cui metodi, strumenti intellettuali, quadri mentali, sono stati elaborati nel corso degli ultimi secoli nello sforzo laboriosamente perseguito di conoscere e dominare la Natura. Quando Aristotele definisce l’uomo un « animale politico », sottolinea ciò che separa la Ragione greca da quella di oggi. Se per lui l’homo sapiens è un homo politicus, è perché la Ragione stessa, nella sua essenza, è politica.
È sul piano politico, di fatto, che in Grecia la Ragione si è in primo luogo espressa, costituita, formata. Presso i Greci l’esperienza sociale è potuta diventare l’oggetto di una riflessione positiva perché si prestava, nella città, a un dibattito di argomenti pubblici. Il declino del mito data dal giorno in cui i primi Sapienti hanno messo in discussione l’ordine umano, hanno cercato di definirlo di per sé, di tradurlo in formule accessibili all’intelligenza, di applicargli la norma del numero e della misura. Così si è enucleato, definito un pensiero propriamente politico, esterno alla religione, col suo vocabolario, i suoi concetti, i suoi principi, le sue visioni teoriche. Questo pensiero ha segnato profondamente la mentalità dell’uomo antico; esso caratterizza una civiltà che non ha cessato, finché è rimasta viva, di considerare la vita pubblica come il coronamento dell’attività umana. Per il Greco, l’uomo non si separa dal cittadino; la phronésis, la riflessione, è il privilegio degli uomini liberi che esercitano correlativamente la loro ragione e i loro diritti civici. Così, fornendo ai cittadini il quadro in cui essi concepivano i loro rapporti reciproci, il pensiero politico ha in pari tempo orientato e modellato il procedere del loro spirito verso altri campi.
Quando nasce, a Mileto, la filosofia è radicata nel pensiero politico di cui traduce le preoccupazioni fondamentali e dal quale prende a prestito una parte dei suo vocabolario. È vero che ben presto essa si dichiara più indipendente. Con Parmenide, ha trovato la sua strada: esplora un terreno nuovo, pone problemi che sono soltanto suoi. I filosofi non si chiedono più, come facevano i Milesi, che cosa sia l’ordine, come si sia formato, come si mantenga, ma quale sia la natura dell’Essere, del Sapere, quali siano i loro rapporti. I Greci aggiungono così una nuova dimensione alla storia del pensiero umano. Per risolvere le difficoltà teoriche, le aporie, che i suoi stessi progressi facevano sorgere, la filosofia ha dovuto a poco a poco forgiarsi un linguaggio, elaborare i suoi concetti, edificare una logica, costruire la propria razionalità. Ma in questo compito non si è molto avvicinata alla realtà fisica; ha preso poco dall’osservazione dei fenomeni naturali; non ha fatto esperienza. La stessa nozione di sperimentazione le è rimasta estranea. Ha edificato una matematica senza cercare di utilizzarla nell’esplorazione della natura. Tra la matematica e la fisica, il calcolo e l’esperienza, è mancata la connessione che all’inizio, ci sembra, univano la geometria e la politica. Per il pensiero greco, se il mondo sociale deve essere sottomesso al numero e alla misura, la natura rappresenta piuttosto il campo dell’approssimativo al quale non si applicano né il calcolo esatto né il ragionamento rigoroso. La ragione greca si è formata non tanto nel commercio umano con le cose quanto nelle relazioni degli uomini tra loro. Più che attraverso le tecniche che operano sul mondo si è sviluppata in quelle che permettono di aver presa su altri e il cui linguaggio è io strumento comune: l’arte del politico, del retore, del professore. La ragione greca è quella che in maniera positiva, riflessa, metodica, permette di agire sugli uomini, non di trasformare la natura. Nei suoi limiti, come nelle sue innovazioni, è figlia della città.”
Chi era Jean Pierre Vernant
Studiò nei licei Carnot e Louis-le-Grand di Parigi e proseguì gli studi alla Sorbona. Dal luglio del 1940 fu insegnante di filosofia a Tolosa. Combatté nella seconda guerra mondiale e partecipò alla Resistenza francese. Dopo la guerra scrisse articoli di politica estera e aderì al Partito Comunista Francese abbandonandolo, senza mai rinnegare i suoi trascorsi marxisti, nel 1970 dopo gli avvenimenti della “Primavera di Praga”.
Tra il 1948 e il 1957 fu ricercatore presso il Centre national de la recherche scientifique (CNRS) e si impegnò contro le guerre coloniali della Francia in Indocina e in Algeria. Dal 1957 al 1975 diresse un settore dell’École Pratique des Hautes Études e quindi fino al 1984 insegnò “Studio comparato delle religioni antiche” al Collège de France. Studioso di Omero, fu autore di numerosi studi sulla guerra nel mondo antico.
Promosse la costituzione del Centre de Recherches Comparées sur les Sociétés Anciennes, che diresse dal 1964 al 1985. Fu membro di varie e numerose accademie (Académie royale de Belgique, l’American Academy of Arts and Sciences, l’Academia Europaea) e fu insignito dell’onorificenza della Legion d’onore.
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