Trattasi del libro “La psicologia dell’invenzione in matematica” di Jacques Hadamard – edizioni Hopefulmonster 1993.
Un libro dalle mille intuizioni e riflessioni, vi sottolineo alcune caratteristiche:
- E’ un libro di bella psicologia
- E’ scritto da un matematico. J Hadamard (1865-1963), iniziatore dell’analisi funzionale moderna. Nel suo libro La psicologia dell’invenzione in campo matematico, Hadamard usa l’introspezione per descrivere il pensiero dei processi matematici. In forte contrapposizione con gli autori che si identificavano con la lingua e la cognizione, egli descrisse il pensiero matematico in gran parte come attività che non si serve di parole ma che è accompagnato spesso da immagini mentali che si condensano nell’idea generale di una dimostrazione. Attorno al 1900 intervistò 100 dei maggiori fisici dell’epoca chiedendo loro come avessero svolto il loro lavoro. Molte delle risposte confermarono la sua teoria; alcuni raccontarono di vedere i concetti matematici come colori. Albert Einstein riportò di sentire sensazioni nei propri avambracci.
- Ha una storia interessante: scritto sotto forma di relazione per un convegno svoltosi in Francia nel 1937 nel quale si discusse per una settimana sul concetto di invenzione, mettendo assieme lo psicologo Cleparède, il poeta Paul Valéry, il premio Nobel per la fisica nel 1929 Luis de Broglie e il fisico Edmond Bauer. La relazione è stata riveduta nel 1943 per l’Università di Princeton e tradotta per la prima volta in francese nel 1959. In Italiano il libro lo si può leggere dal 1993.
- E’ un libro che, data l’epoca in cui è stato scritto, ci fa conoscere “di lato” il comportamentismo, la gestalt e le opinioni sull’invenzione di vari personaggi compreso Einstein o il linguista Roman Giakobson.
- E’ un libro in cui un matematico riconosce la presenza dell’inconscio attribuendolo come fonte delle invenzioni e delle scoperte, anche matematiche.
Su questo aspetto, riporto un breve brano: buona lettura.
“Siamo dunque costretti ad ammettere che non esiste un’unica definizione di intuizione opposta alla logica, ma che ne esistono almeno due. Ora per chiarire questa distinzione, perché non utilizzare quanto abbiamo già trovato nella nostra analisi del fenomeno? Riassumiamo i risultati di quest’analisi: ricordiamo che ogni lavoro mentale, e in particolare il lavoro di scoperta, implica la cooperazione dell’inconscio, sia quello superficiale, sia (abbastanza spesso) quello più o meno profondo; in particolare, dopo un lavoro preliminare cosciente, nell’inconscio si produce quella proliferazione di idee che Poincaré ha paragonato a una proiezione di atomi in ordine sparso; infine che la mente utilizza generalmente delle rappresentazioni concrete per fissare certe combinazioni e farne una sintesi. Ciò ha avuto l’immediata conseguenza che, a rigore, una scoperta perfettamente logica non può esistere. Un intervento dell’inconscio è necessario, almeno per dare inizio al lavoro logico. Fatta questa riserva, vediamo subito che processi come quelli che abbiamo appena descritto possono svolgersi in modo diverso in menti diverse”.